HIV in Italia oggi: intervista con l’infettivologo Roberto Rossotti

Un’analisi su diagnosi, terapie, prevenzione e prospettive future della ricerca.
La Giornata Mondiale contro l’AIDS rappresenta un’occasione per riflettere sui progressi compiuti nella lotta all’HIV e sulle sfide ancora da affrontare. In questa intervista il dott. Roberto Rossotti, infettivologo da anni impegnato nella cura e nella ricerca sull’HIV, restituisce un quadro aggiornato della situazione epidemiologica in Italia, delle strategie terapeutiche oggi disponibili e delle prospettive della ricerca scientifica.

Il dott. Roberto Rossotti è medico infettivologo con esperienza nella gestione clinica delle persone con HIV e nella ricerca sulle malattie infettive. E' dirigente medico presso la s.c. di malattie infettive, Ospedale "Niguarda Cà Granda" di Milano, partecipa a progetti scientifici e iniziative di sensibilizzazione a supporto della prevenzione e dell’accesso alle cure.
Dottore, qual è la situazione epidemiologica attuale dell’HIV in Italia? Cosa è cambiato negli ultimi anni in termini di nuove diagnosi e accesso alle cure?
"E' stato appena pubblicato l'ultimo report del 2024 e si è registrata una sostanziale stabilità: circa 2.400 nuove diagnosi all’anno. L'anno scorso c'era stato un aumento della casistica ma fortunatamente siamo su dati stabili, smaltendo l'effetto Covid in cui l'offerta di test era ridotta. Il dato più preoccupante riguarda, però, le diagnosi tardive: il 60% delle nuove infezioni viene scoperto con una conta dei CD4 ( sottopopolazione di globuli bianchi usata classificare la gravità dell'immunodepressione) inferiore a 350, ossia importante immunodepressione, il 40 e il 50% delle persone arriva già in AIDS conclamato. Questo significa che quasi la metà diagnosticano l’infezione solo quando il danno immunitario è già significativo."
Qual è oggi il ruolo della prevenzione e della diagnosi precoce
"La trasmissione eterosessuale rappresenta oggi il 46% dei nuovi casi, mentre il 40% riguarda uomini che fanno sesso con uomini. In quest’ultimo gruppo, il calo si deve alla diffusione della PrEP - la profilassi pre esposizione, rimborsata in Italia dal 2023 - che è uno strumento estremamente efficace per prevenire il contagio e che ha portato a un calo delle nuove infezioni. Gli eterosessuali, però, non accedono alla PrEP, quando invece il rischio riguarda tutti quelli che hanno una vita sessuale. Il principale ostacolo alla prevenzione resta proprio la percezione del rischio con una mentalità rimasta agli anni novanta: molte persone non ritengono necessario sottoporsi al test perché pensano che l’HIV sia un problema distante dalla propria vita."
Quanto sono efficaci le terapie antiretrovirali? U = U è una realtà clinica?
"Sì, U = U (Undetectable = Untransmittable) è oggi una certezza scientifica: una persona con HIV in terapia efficace e con carica virale non rilevabile non può trasmettere il virus. Questa è sicuramente una rivoluzione che consente alla persona con hiv di avere una vita affettiva, anche dei figli. Le terapie attuali sono molto potenti , efficaci e ben tollerate: il tasso di successo supera il 95% nei paesi occidentali, con regimi semplificati costituiti da una sola compressa al giorno. Sono inoltre già disponibili terapie long-acting con somministrazione bimestrale, e la ricerca è orientata ad aumentare ulteriormente gli intervalli tra una dose e l’altra."
Guardando al futuro: quali sono le prospettive più promettenti della ricerca verso la cura?
"Quello che manca oggi è una terapia per la guarigione, l’obiettivo principale è la cosiddetta “cura funzionale”, che consenta di interrompere la terapia senza rischio di riattivazione del virus. I rari casi di guarigione documentati sono stati ottenuti con trapianti di midollo, ma si tratta di procedure ad alto rischio e non applicabili su vasta scala. La cura definitiva è ancora lontana, siamo ancora in una fase preliminare, ma gli investimenti e l’attenzione della comunità scientifica internazionale su questo tema sono oggi più forti che mai e questo ci fa ben sperare."
Insomma, l’HIV non è un capitolo chiuso: le diagnosi tardive restano un problema rilevante e la percezione del rischio nella popolazione generale è ancora troppo bassa. Le terapie attuali permettono una vita piena e sicura alle persone con HIV, e la ricerca guarda al futuro con determinazione verso l’obiettivo della cura. Informazione, prevenzione e accesso ai servizi sanitari restano gli strumenti fondamentali per ridurre le nuove infezioni e contrastare lo stigma.


