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3 Minuti
| 17/12/2022 |
Dott.ssa Claudia Brattini
Salute e Benessere

ADHD in età adulta: la psichiatra risponde

ADHD in età adulta: la psichiatra risponde
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A tutti può capitare di avere difficoltà a stare fermi, concentrarsi, prestare attenzione o controllare il comportamento impulsivo di tanto in tanto. Per alcuni, tuttavia, questi disturbi sono persistenti a tal punto da interferire con aspetti essenziali della vita come il lavoro, la socialità o lo studio.

Potrebbe trattarsi del disturbo da deficit di attenzione/iperattività, denominato ADHD.

Siamo abituati a sentir parlare di questa problematica perlopiù nei bambini ma, sebbene l'ADHD sia uno dei più comuni disturbi dello sviluppo neurologico dell'infanzia, spesso dura fino all'età adulta.

Ne parliamo con Beatrice Casoni, Medico chirurgo specialista in Psichiatria, Direttore sanitario di Neurocare (Bologna).

Dottoressa, nella sua esperienza quanto è comune il disturbo ADHD fra gli adulti?

“L’ADHD è molto comune nell’adulto, molto di più di quanto si pensi. Questo perché, verosimilmente, sono persone che avevano sviluppato l’ADHD da bambini ma non era mai stato evidenziato. Oggi le diagnosi sono più frequenti perché sono aumentate le conoscenze ma in un passato anche non troppo lontano, non veniva praticamente diagnosticato.”

Come si manifesta?

“Si manifesta nell’adulto prevalentemente con difficoltà di attenzione e concentrazione, impulsività, insonnia e anche disturbi di tipo emotivo come labilità affettiva e ansia. Anche l’iperattività si trova nell’adulto, ma meno marcata rispetto al bambino. Nell’adulto possiamo notare la difficoltà a rimanere fermo sulla sedia, a non gesticolare con le mani. Frequente anche la sindrome delle gambe senza riposo.”

Se non trattato adeguatamente l’ADHD che tipo di ripercussioni può scatenare?

“Spesso l’ADHD viene confuso con il disturbo di personalità borderline o il disturbo bipolare. Il rischio è di non effettuare trattamenti adeguati e che possano quindi risultare completamente inefficaci o addirittura controproducenti. L’ADHD interferisce con la performance a livello scolastico e lavorativo, causando anche difficoltà relazionali per la sensazione di non essere all’altezza dei colleghi.”

Esistono dei test che una persona può svolgere se teme di soffrire di ADHD?

“Se si sospetta di soffrire di ADHD è bene rivolgersi a specialisti qualificati in quanto solo con una valutazione della storia clinica e della sintomatologia un occhio esperto si può orientare e può quindi interpretare i test nel modo adeguato. Un accertamento molto utile è sicuramente l’elettroencefalogramma quantificato (qEEG), cioè un’analisi quantitativa.”

Come si effettua la diagnosi di questa problematica?

“Per l’ADHD esiste un biomarker molto caratteristico delle onde cerebrali che permette di orientare la diagnosi con buone probabilità attraverso il qEEG. Quindi dopo una visita approfondita, questo esame, associato a test psicometrici e ad una valutazione neuropsicologica che individui l’eventuale compromissione di specifiche funzioni cognitive è sicuramente il modo più completo per arrivare ad una diagnosi.”

Quali sono le possibili opzioni terapeutiche?

“Le opzioni terapeutiche sono di diverso tipo e si possono integrare. Ci si può affidare al trattamento farmacologico, attraverso l'utilizzo di principi attivi che possono essere prescritti da centri specializzati.
La riabilitazione neurocognitiva: cioè esercizi idonei ad allenare le funzioni compromesse.
Il neurofeedback, un trattamento di neuromodulazione, assolutamente non invasivo è non doloroso. Durante una seduta di neurofeedback l’attività cerebrale viene registrata con l’elettroencefalogramma e presentata al soggetto in tempo reale sotto forma di immagini, suoni o animazioni. In questo modo il soggetto, che adesso “vede” le proprie onde cerebrali “in diretta”, può imparare a modificarle, fino a raggiungere lo stato di attività desiderato. Questo avviene perché ogni volta che il soggetto riesce a modificare l’attività cerebrale nella “giusta” direzione, il programma gli fornisce un feedback positivo. Grazie a questo rinforzo positivo, il cervello impara ad attivarsi in quel determinato stato. In altre parole, il neurofeedback è una vera e propria palestra per il cervello, un apprendimento indotto.
Con il tempo questo allenamento porterà il soggetto a modulare autonomamente la propria attività cerebrale che trarrà, quindi beneficio sulle capacità attentive e sui sintomi ADHD.

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Dott.ssa Claudia Brattini

(442 articoli)
All'esperienza di Farmacista ha affiancato quella della divulgazione scientifica nell'ambito della salute, approfondendo tematiche legate alla specializzazione in nutrizione e chimica degli alimenti. E' Giornalista e ha svolto un master di Comunicazione della Salute & Digital Marketing Sanitario, Giornalismo e Data Journalism.
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